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e nei differenti tracciati, è stato bisogno di un’elaborazione immensa, e tale da non parere affatto eccessivo il tempo che l’autore ebbe a spendervi intorno, ove si conosca che egli usò la diligenza di rifondere più volte la propria opera, per giovarsi de’ nuovi dati che gli si venivano man mano presentando, arrestandosi solo a quel punto in cui gli parve di aver raggiunto un risultato, per così dire, definitivo, ossia tale che non fosse da posteriori informazioni considerevolmente e presto mutato.
Ed ecco a questo proposito qualche cifra. È noto che le statistiche francesi sogliono con ottima pratica indicare il motivo apparente (ossia quale potè rilevarsi) dei varj attentati alla vita. Da tali documenti il Guerry estrasse 21,322 casi del periodo anzidetto 1826-57, che egli distinse in 4,478 gruppi individuali (come li chiama), ripartiti essi medesimi in 164 classi, di cui può vedersi il quadro complessivo nell’introduzione. E fa veramente meraviglia che tutte quelle classi riescano nella loro indicazione abbastanza distinte.
Similmente la carta del suicidio in Francia riposa sopra 80,603 casi, osservati nei 29 anni dal 1827 al 1855, e la sua ripartizione fra i varj tempi dell’anno fu dedotta da 85,364 casi, distribuiti sopra 9,497 giorni, che compongono il periodo di 26 anni dal 1835 al 1860. Le curve della criminalità per età in Inghilterra abbracciano in complesso 196,809 osservazioni, del ventennio 1834-53; quelle della Francia 205,466, dei 26 anni 1826-53. E riferisco questi numeri anche perchè possa farsi giudizio, da chi non versa abitualmente in tali studj, qual sia l’estensione e l’importanza dei dati, a cui soglionsi mandar raccomandate le deduzioni statistiche fra coloro che possono dirsi veramente autorevoli nell’argomento, siccome severi os-