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i - rime d'amore | 93 |
CLXIX
Teme ch’egli la lasci per altra donna.
A che piú saettarmi, arcier spietato?
Se tu lo fai per mostrar la tua forza,
io ho giá tutto dentro e ne la scorza
questo misero corpo arso e ’mpiagato.
Se tu lo fai per farmi un dí placato
chi la mia libertá mi lega e smorza,
tu speri invan, perché tua poggia ed orza
nulla rileva il suo legno ostinato.
Egli si pasce del mio crudo strazio,
quanto è maggior, e de l’aspre mie pene,
non pur che mai ne sia pentito e sazio;
ed in una gran téma mi mantiene
che, fatto d’altra donna, in breve spazio
mi torrá le sue luci alme e serene.
CLXX
Tutto soffrirá, pur ch’egli non sia d’un’altra.
Fammi pur certa, Amor, che non mi toglia
tempo, fortuna, invidia o crudeltade
la mia viva ed angelica beltade,
quella ch’appaga e queta ogni mia voglia;
e dammi quanto sai tormento e doglia:
che tutto mi sará gioia e pietade;
tommi riposo, tommi libertade,
e, se ti par, tommi anco questa spoglia:
che per certo io morrò lieta e contenta,
morendo sua, pur che non vegga io
ch’ella sia fatta d’altra donna, o senta.
Questa sol téma turba il piacer mio,
questa fa ch’a’ miei danni non consenta,
e fa la speme ritrosa al desio.