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i - rime d'amore | 81 |
CXLV
Ai luoghi dov’egli è, perché lo restituiscano a lei.
Liete campagne, dolci colli ameni,
verdi prati, alte selve, erbose rive,
serrata valle, ov’or soggiorna e vive
chi può far i miei dí foschi e sereni,
antri d’ombre amorose e fresche pieni,
ove raggio di sol non è ch’arrive,
vaghi augei, chiari fiumi ed aure estive,
vezzose ninfe, Pan, fauni e sileni,
o rendetemi tosto il mio signore,
voi che l’avete, o fategli almen cónta
la mia pena e l’acerbo aspro dolore:
ditegli che la vita mia tramonta,
s’omai fra pochi giorni, anzi poch’ore
il suo raggio a quest’occhi non sormonta,
CXLVI
Lo invoca presso di sé.
Come posso far pace col desio,
o farvi tregua, poi ch’egli pur vuole,
non essendo qui nosco il suo bel sole,
tranquillo porto e sole al viver mio?
Egli fa giorno al suo colle natio,
come a chi nulla o poco incresce e duole
o ’l morir nostro o ’l pianto o le parole:
lassa, ch’io nacqui sotto destin rio!
Lá dove converrá che tosto ceda
a morte l’alma, o tosto a noi ritorni
la beltá ch’al mio mal non par che creda.
Tal qui, fra questi d’Adria almi soggiorni,
io misera Anassilla, d’Amor preda,
notte e dí chiamo i miei due lumi adorni.