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i - rime d'amore | 79 |
CXLI
Rimproveri ad Amore.
Sovente Amor, che mi sta sempre a lato,
mi dice: — Miserella, quale or fia
la vita tua, poi che da te si svia
lui che soleva far lieto il tuo stato? —
Io gli rispondo: — E tu perché mostrato
l’hai a questi occhi, quando ’l vidi pria,
se ne dovea seguir la morte mia,
subito visto e subito rubbato? —
Ond’ei si tace, avvisto del suo fallo,
ed io mi resto preda del mio male:
quanto mesta e dogliosa, il mio cor sallo!
E, perch’io preghi, il mio pregar non vale,
per ciò che a chi devrebbe, ed a chi fallo,
o poco o nulla del mio danno cale.
CXLII
«Son passati otto giorni, a me un anno...».
Rimandatemi il cor, empio tiranno,
ch’a sí gran torto avete ed istraziate,
e di lui e di me quel proprio fate,
che le tigri e i leon di cerva fanno.
Son passati otto giorni, a me un anno,
ch’io non ho vostre lettre od imbasciate,
contra le fé che voi m’avete date,
o fonte di valor, conte, e d’inganno.
Credete ch’io sia Ercol o Sansone
a poter sostener tanto dolore,
giovane e donna e fuor d’ogni ragione,
massime essendo qui senza ’l mio core
e senza voi a mia difensione,
onde mi suol venir forza e vigore?