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CXXXIX

Dello stesso argomento.

     Fiume, che dal mio nome nome prendi,
e bagni i piedi a l’alto colle e vago,
ove nacque il famoso ed alto fago,
de le cui fronde alto disio m’accendi,
     tu vedi spesso lui, spesso l’intendi,
e talor rendi la sua bella imago;
ed a me che d’altr’ombra non m’appago,
cosí sovente, lassa, lo contendi.
     Pur, non ostante che la nobil fronde,
ond’io piansi e cantai con piú d’un verso,
la tua mercé, sí spesso lo nasconde,
     prego ’l ciel ch’altra pioggia o nembo avverso
non turbi, Anasso, mai le tue chiar’onde,
se non quel sol che da quest’occhi verso.


CXL

Poich’egli non torna, vorrebbe raggiungerlo.

     O rive, o lidi, che giá foste porto
de le dolci amorose mie fatiche,
mentre stavan con noi le luci amiche,
che sempre accese ne l’interno porto,
     quanta mi deste giá gioia e conforto,
tanto mi sète ad or ad or nemiche,
poi che ’l mio sol (lassa, convien che ’l diche!)
voi e me ha lasciato a sí gran torto.
     Io cangerei con voi campagne e boschi
e colli e fiumi, lá dove dimora
chi partendo lasciò gli occhi miei foschi,
     e di tornar non fa pensier ancora,
non ostante, crudel, che ben conoschi
che, se sta molto, converrá ch’io mora.