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LXVI

Giungano a lui, in Francia, i sospiri di lei.

     Ricevete cortesi i miei lamenti,
e portateli fide al mio signore,
o di Francia beate e felici ôre,
che godete or de’ begli occhi lucenti.
     E ditegli con tristi e mesti accenti
che, s’ei non move a dar soccorso al core,
o tornando o scrivendo, fra poche ore
resteran gli occhi miei di luce spenti;
     perché le pene mie molte ed estreme
per questa assenzia omai son giunte in parte,
dove di morte sol si pensa e teme.
     E, s’egli avien che ’ndarno restin sparte
dinanzi a lui le mie voci supreme,
al mio scampo non ho piú schermo od arte.


LXVII

Sullo stesso argomento.

     Chi porterá le mie giuste querele
al mio signor, al gran re franco appresso,
d’ogni rara eccellenza essempio espresso
e, fuor ch’a me, a tutti altri fedele?
     Aure de’ miei sospir, voi che le vele
de’ miei caldi disir gonfiate spesso,
sarete il mio secreto e fido messo,
onde ’l mio stato a lui sol si rivele.
     E, se la lunga e faticosa via
vi sbigottisce, venga con voi anche
la poca e nulla omai speranza mia.
     E, s’egli avien ch’ancor essa si stanche,
quando dinanzi a l’idol nostro fia,
tornate a me, ch’anch’io conven che manche.