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Il Cicogna (op. cit., vi, S84 sg.) pubblicò da un codice miscellaneo del Museo Correr di Venezia alcuni tratti d’un cosidetto testamento, curiosissimo, di Ludovico Ramberti, uno degli amanti della Franco (5 zener 1575); in un codicillo del quale il testatore dice che sulla sua tomba, «deposito», vuole che sia posto «el sottoscritto epitafio con versi vulgari, azzò che siano intesi da tutti, e sotto di essi sia similmente destaggià un ‘V.5 grando e un ‘ F.’in memoria che sono stati fatti dalla dottissima M. Veronica Franca». Riporto l’epitaffio:

Lodovico Ramberti

          Lettor, no son qua minga sopelio,
          seben ti vedi il mio nome in sta piera,
          perchè ’l mio corpo fu destribuio
          per le forche ordinarie de sta tera,
          che a sto modo ho volesto dar in drio
          i quarti de mio frael che za ghe giem.
          St’arca xe qua per to coinmodità:
          sti me voi dir del ben, dimelo qua.

L’epitaffio si riferisce ad una bizzarra disposizione del testamento: il Ramberti voleva diviso in quattro il suo cadavere, e che i pezzi fossero posti sulle quattro «forche ordinarie da mar»; «e questo per restituir delli quattro quarti della felice memoria del quondam mio fradello, che indebitamente despiccai con le mie proprie man da esse forche». Salvo che il testamento è apocrifo, e di conseguenza non può avere maggior autenticità l’epitaffio, attribuito a Veronica Franco (cfr. Graf, op. cit., p. 337).

L’edizione del 1575 delle Terze rime di Veronica Franco — in mancanza di manoscritti — è stata da me riprodotta fedelmente in questa ristampa, senza escludere naturalmente i sette capitoli di autore incerto (il i°solo ha il nome di Marco Veniero, offerto da qualche esemplare dell’edizione cinquecentesca). Ho dovuto riordinare interamente la punteggiatura, molto difettosa nella prima edizione e contraria spesso alla buona intelligenza dei componimenti.

Le non poche scorrettezze del testo ho tentato di emendare, e le raccolgo qui tutte (meno quelle puramente tipografiche), perché il lettore sappia se deve darmi ragione o torto: Cap. 1, v. 132 «s’offre» ho corretto in «s’opre» (per «s’apre»), come richiede la rima: la forma insolita è nel Petrarca (son. 31) ed è registrata dal