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360 | veronica franco |
XIV
Allo stesso.
Convertita, lo ringrazia d’averla lodata
D’alzarmi al ciel da questo stato indegno,
in ch’io mi trovo, e far formar parole
a un chiaro spirto ch’in su par che vole,
per farsi nido d’alta gloria pregno,
in me merto non è; ma se pur vegno
e vivo in qualche stima, che console
la patria mia, questo è quel che far sòie
l’altrui bontà degna d’imperio e regno:
l’altrui bontà, che di queste ombre fore
cerca tirar me ancora in quel bel chiostro.
Dunque a voi debbo che, da voi diviso,
sendo gentil, mi fate si d’onore
e m’illustrate col ben spesso inchiostro,
che già sa tutto e proprio è un paradiso.
XV
Elevazione e conversione.
Ite, pensier fallaci e vana spene,
ciechi ingordi desir, acerbe voglie;
ite, sospir ardenti, amare doglie,
compagni sempre alle mie eterne pene.
Ite, memorie dolci, aspre catene
al cor, che alfin da voi pur si discioglie,
e ’l fren de la ragion tutto raccoglie,
smarrito un tempo, e in libertà pur viene.
E tu, pura alma, in tanti affanni involta,
slégati omai , e al tuo Signor divino
leggiadramente i tuoi pensier rivolta:
sforza animosamente il tuo destino,
e i lacci rompi, e poi leggiadra e sciolta
drizza i tuoi passi a piú sicur cammino.