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ii - sonetti | 359 |
XII
Allo stesso.
Dch, qual d’Estor parti dal mondo tosto
lo spirto in suo valor pronto e gagliardo,
tanto piú da la morte stia discosto
il giovinetto e nobile Gherardo.
Questi trar di Francesco entro ’l cor posto
de l’altro fratei morto il crudel dardo
può col valor, che ’n suo fermo proposto
segue con piede giovenil non tardo.
La sua propria virtú specchia ed ammira,
che col suo essempio in costui si rinova,
Francesco, mentre il morto Estor sospira:
e ’n ciò conforto a la sua doglia trova,
e con la speme di veder respira
del costui seme alta progenie nova.
XIII
A Bartolomeo Zacco.
In memoria di Daria, figlia di lui.
Dolce del vostro amor mi è indizio stato
che vertú si perfetta e risplendente
di raccender in ciel le qua giú spente
luci di Daria abbiate in me stimato.
Ma poi ch’irrevocabil siede il fato,
né, per quanto altri pianga o si lamente,
del futuro si cangia unqua niente,
non ch’indietro tornar possa il passato:
forse util fia che rasciugate il rio
dagli occhi manda il cor che s’addolora,
o vi acquetate a quel che piace a Dio.
Certo che, se celeste alma si onora
l’uman lodar, tutto’l mondo, non ch’io,
celebreria la sua memoria ognora.