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356 veronica franco


VI

Allo stesso.

     Dch, la pietà soverchia non v’offenda,
in vece del fratei pianger estinto,
dando in preda al mártir voi stesso vinto,
sí che dagli occhi un largo fiume scenda!
     Non lasciate, signor, che ’l mondo intenda
che ’l vostro cor, di tal costanzia cinto,
dal proprio danno suo sforzato e spinto,
per alcun caso al duol già mai si renda.
     Benché se qui perdeste un fratei tale,
che ’n terra di virtú somma e perfetta
o solo o nessun altro aveste eguale,
     il racquistaste in ciel: quivi egli aspetta,
sazio che siate de la vita frale,
di sua man colocarvi in sedia eletta.


VII

Allo stesso.

     Al nostro stato misero e dolente
lagrimar ad ognor ben si conviene
del mal sempre piú grave e piú presente
nel mondo, ch’è un varcar di pene in pene.
     Ma s’allegrar già mai si dé’la mente,
cui de la vita l’aspro carcer tiene,
ciò guardando si faccia solamente
ch’a posar dai travagli un di si viene.
     D’ogni travaglio il termine è la morte;
e, se non vien da l’uom morto sofferto
cosa, ch’affanno o gioia al senso apporte,
     giunti i suoi cari al fin del sentier erto
membri spesso, vivendo, e si conforte,
quando che sia di giungervi anch’ei certo.