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i - terze rime 349

     424Di semicapri dèi turba silvestre
il fertile terren pianta e coltiva,
sotto influsso di stelle amiche e destre;
     427e quella, che del capo al padre viva
uscio, de’ boschi e de le cacce dea,
di questi monti ha in custodia l’oliva.
     430Quel, che vivo nel ventre infante avea
la madre allor che ’l consiglio l’estinse
di Giunon fella, a lei contraria e rea,
     433che Giove tolto al proprio lato il cinse,
né, fin che nove mesi fur finiti,
dal fianco, ove ’l nudriva, unqua il discinse,
     436qui gli olmi guarda, e le ben colte viti;
le biade di Proserpina la madre,
Vertunno e Flora gli arbori graditi.
     439Mille, scese dal ciel, benigne squadre
d’eletti spirti infiorano il bel nido,
e ’l guardan da le cose infeste et adre.
     442Dolce de’ miei pensieri albergo fido,
pien d’aranci e di cedri, e lieto in guisa
che vince ogni concetto, ogni uman grido,
     445resta la mente mia vinta e conquisa,
che ’l ben in te con larga mano infuso
dal celeste Motor forma e divisa;
     448e, come tu sei bel fuor d’uman uso,
cosi ne l’opra de l’imaginarti
riman l’ingegno inutile e confuso;
     451e, se vaga pur vengo di lodarti,
come confusa son dentro, confondo
de le tue lodi l’ordine e le parti.
     454Ben, quanto in questo assai mal corrispondo,
tanto ne la prontezza del desire
con grata rispondenza sovrabondo.
     457Vorrei, ma in parte non so alcuna, dire
le lodi del signor, che ti possiede,
né stil uman poria tant’alto gire.