316Ma poi tra quelle schiere d’animali
scopri distinto del giardino il piano
d’acque in angusti e limpidi canali, 319e splender su per Tonde di lontano
vedi i pesci guizzando, che d’argento
sembra che nuotin d’una e d’altra mano. 322E mentre l’occhio a vagheggiar è intento
il piacer vario del fiorito suolo,
piú sempre di mirar vago e contento, 325di questo ramo in quel cantando a volo
gir vede copia d’augelletti snelli,
quai molti insieme, e qual vagando solo. 328Quinci s’accorge che di fior novelli
e frutti antichi son quei rami carchi,
non pur di nidi d’infiniti augelli. 331Senza che ’l guardo quinci e quindi varchi,
T incontran d’ogni parte i piacer tutti,
in quest’officio non mai stanchi o parchi. 334E, se nel giardin visti in un ridutti,
fiere, augei, pesci, rivi, arbori e foglie,
fior sempre novi, e d’ogni stagion frutti 337a mirar in disparte altri s’accoglie,
e, come nel guardar talvolta occorre,
da la pianura a l’alto a mirar toglie, 340ne la beltá de’ vaghi colli incorre,
ch’a la vista, che s’alza, umili e piani,
lietamente si vengono ad opporre. 343Questi, dal bel palazzo non lontani,
sembra che, per raccòrlo in mezzo ’l seno,
si stringan verso lui d’ambe le mani; 346e ’ntanto spiegan tutto aperto e pieno
il grembo lor di dolcezze infinite,
che la vista bear possono a pieno. 349Le pecorelle, a pascer l’erbe uscite,
biancheggian per li poggi, a cansar lievi,
per poco d’ombra timide e smarrite: