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344 veronica franco

     244Con voce piú che d’umane parole
par che sappian parlar quelli augelletti,
si ch’ad udirli ancor fermano il sole.
     247Talor narrano poi gli alti diletti,
che spesso dagli amati abbracciamenti
prendon, de le lor vaghe al fianco stretti.
     250Di gran dolcezza il cielo e gli elementi,
per tal piacere e per molti altri assai,
quivi gioiscon placidi e contenti;
     253e, rischiarando ognor piú Febo i rai,
la fiorita stagion vago rimena
di molti, non che d’un, perpetui mai.
     256D’arabi odor la terra e l’aria piena,
l’una piú sempre si rinverde e infiora,
l’altra ognor piú si tempra e rasserena.
     259Oh che grata e dolcissima dimora,
dove, quanto di vago ognor piú miri,
tanto piú da veder ti resta ancora!
     262Dovunque altri la vista a mirar giri,
ne la beltá veduta oggetto trova,
che piú intente a guardar le luci tiri;
     265e nondimen, perch’ognor cosa nova
d’intorno appar, che l’animo desvia,
ad altra parte vien ch’indi le mova.
     268La bellezza del sito, alma, natia,
gli occhi fuor del palazzo a veder piega
quanto ivi ricca la natura sia;
     271ma poi di dentro tal lavor dispiega
l’arte, che la natura agguaglia e passa,
ch’ivi l’occhio, a mirar vólto, s’impiega;
     274e, mentre da un oggetto a un altro passa,
l’un non gustato ben, da nòve brame
tirato, impaziente il preso lassa.
     277Cosi non trae, ma piú cresce la fame
d’assai vivande un prodigo convito,
che de Luna al pigliar l’altra si brame: