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i - terze rime 335

     100e, qual conviensi al nostro senno egregio,
non sol son ricchi i nostri adornamenti
d’ogni pomposo e piú prezzato fregio,
     103ma gli uomini a noi vengon riverenti,
e ne cedono ’l luogo in casa e in strada,
in ciò non punto tardi o negligenti.
     106Per questo anco è ch’a lor portar accada
berretta in testa, per trarla di noi
a qualunque dinanzi ei se ne vada;
     109e, s’ancor son tra lor nimici poi,
non lascian d’onorar, sempre ch’occorre,
ristesse donne de’ nemici suoi.
     112Da questo argomentando si discorre
quanto l’offesa fatta al nostro sesso
la civiltá de l’uoin gentile aborre.
     115Né ch’io parli cosí crediate adesso
con altro fin, che di mostrarvi quanto
l’offender donne sia peccato espresso.
     118Informata ancor son da l’altro canto
chi sia colei, di cui mi fu affermato
che ingiuriaste e minacciaste tanto:
     121certo questo non merita il suo stato,
e l’avervi ’l suo amore a tanti segni
in tante occasion manifestato.
     124Cessili l’offese omai , cessili gli sdegni,
e tanto piú che d’uom nato gentile
questi non sono portamenti degni;
     127ma è profession d’uom basso e vile
pugnar con chi non ha diffesa o schermo,
se non di ciance e d’ingegno sottile.
     130Perdonatemi in ciò, ch’io troppo affermo
le colpe vostre; poi ch’io non intendo
comprender voi, piú d’alcun altro, al fermo;
     133ma quel ch’adesso vado discorrendo
è quanto ad onta sua colui s’inganni,
che vada con le donne contendendo;