64D’una brutta cornacchia a l’aspro grido
trassero altri uccellacci da carogne,
e di sterco l’empièr la strozza e ’l nido. 67Quest’è proprietá de le menzogne,
che quelli ancor, che son malvagi e tristi,
versan sopra l’autor biasmi e vergogne. 70Del mio avversario fúr primieri acquisti
sparger detti, in mia assenza, di me falsi,
da nulla veritá coperti o misti. 73Ad ira contra lui perciò non salsi;
ma m’allegrai, quando contra ’l suo dire
tacendo col mio ver chiaro prevalsi. 76Ben poi via piú insolente divenire
nel mio silenzio il vidi; e quasi ch’io
d’averlo fatto tale posso dire. 79Ma qual era in quel caso officio mio,
se non quel dirmi mal dopo le spalle
non curar punto, da un uom vile e rio? 82Troppo al giudicio mio vien che s’avvalle
il pensier di chi segue tai difretti,
c’hanno precipitoso e tetro il calle. 85Raffrena, uom valoroso, i ciechi affetti,
e non voler opporti a ciascun’orina
de la malignitate ai falsi detti: 88segui de la virtú la dritta norma,
che, di se stessa paga, agli altrui errori
generosa non guarda, e par che dorma. 91Cosi fec’io, che, d’ogni dritto fuori
infamiata e biasmata da un uom vile,
mi confortai co’ miei pensier migliori: 94e farei piú che mai ora il simile,
se per la mia pazienzia quel villano
non discendesse a via peggiore stile. 97Ma con armata e minacciosa mano
m’importuna, e mi sfida, e quasi sforza
il pensier di star queta a render vano.