28Ma saria forse un espresso avvilirmi,
far soggetto capace del mio sdegno
chi non merta in pensier pur mai venirmi: 31un uom da nulla, e non sol vile, e indegno
che da seder si mova a lui pensando
qualunque ancor che pigro e rozzo ingegno. 34E pur d’ira m’infiammo, rimembrando
la villania da lui fatta a se stesso,
di doverla a me far forse stimando. 37Inescusabil fallo vien commesso
da chi dice d’alcun mal in sua assenza,
s’anco ver sia quel che vien detto espresso; 40perché in ciò l’uom dimostra gran temenza,
e par che ’n quella vece non ardisca
dir il medesmo ne l’altrui presenza. 43Ma poi, se di menzogne si fornisca
e, nel contaminar l’onore altrui,
con frode e infamia contra ’l ver supplisca, 46ben certamente merita costui
cancellarsi del libro de’ viventi,
sí che ’l suo nome ad un péra con lui. 49Oh, se le rane avesser unghia e denti,
come sarian, se drittamente addocchio,
talor piú de’ leon fiere e mordenti! 52Ma poi, per gracidar d’alcun ranocchio,
di gir non lascia a ber l’asino al fosso,
anzi drizza a quel suon l’orecchio e l’occhio. 55Se un ser grillo, a dir mal per uso mosso,
de la sua buca standosi al riparo,
m’ha biasmato in mia assenzia, io che ne posso? 58E se, tratte a quel suon, quivi n’andáro
molte vespe e tafani, e per tenore
di quel suon roco in compagnia ruzzáro, 61non patisce alcun danno in ciò ’l mio onore,
e, quanto aspetta a me, piú tosto rido;
ma de l’altrui sciocchezza ho poi dolore.