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i - terze rime | 319 |
XXII
Della signora Veronica Franca
La crudeltá dell’amante l’ha spinta a rifugiarsi in campagna: quivi ogni spettacolo naturale, rivelandole la potenza d’Amore, la richiama alla sua trista sorte e a Venezia, miracolo unico di bellezza; onde sospira il ritorno.
Poi ch’altrove il destino andar mi sforza
con quel duol di lasciarti, o mio bel nido,
ch’in me piú sempre poggia e si rinforza,
4con quel duol, che nel cor piangendo annido,
con la memoria sempre a te ritorno,
o mio patrio ricetto amico e fido:
7e maledico l’infelice giorno,
che di lasciarti avennemi; e sospiro
la lentezza del pigro mio ritorno,
10Dovunque gli occhi lagrimando giro,
lunge da te, mi sembra orror di morte
qualunque oggetto ancor ch’allegro miro.
13Tutto quel che ristoro e gioia apporte,
per questi campi e per le piagge amene,
reca a me affanno e duol gravoso e forte.
16L’apriche valli, d’aura e d’odor piene,
l’erbe, i rami, gli augei, le fresche fonti,
ch’escon da cristalline e pure vene,
19l’ombrose selve, e i coltivati monti,
che da salir son dilettosi e piani,
e piú facili quant’uom piú su monti,
22e tutto quel, che con industri mani
qui l’arte e la natura e ’l ciel opráro,
sono per me deserti alpestri e strani.