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316 veronica franco

XXI

Della signora Veronica Franca

Scrive all’amante, da cui s’è allontanata: incauta, che senza di lui non ha un momento di pace.

     Io dicea: — Mio cor, se ciò mi fanno
l’armi mie proprie, quelle, onde mi punge
la fortuna crudel, che mi faranno? —
     4S’io stessa, col fuggir dal mio ben lunge,
sento che ’l duol via piú mi s’avvicina,
che la partenza mia mel ricongiunge;
     7al mio languir contraria medicina
certo avrò preso al vaneggiar del core,
che per misera strada m’incamina.
     10Lassa, or mi pento del commesso errore,
anzi non mossi cosí tosto il passo
dal dolce loco, ov’abita ’l mio amore,
     13ch’io dissi: — Oimè! dunque è pur ver ch’io lasso
quella terra e quell’acque, ove ’l mio sole
di splendor rende ogni altro lume casso? —
     16E, se ridir potessi le parole,
che volgendomi indietro al caro suolo
dissi, qual chi lasciar ciò ch’ama suole.
     19vedrei gli augelli ancor con lento volo
seguirmi ad ascoltar il mio lamento,
alternando in pia voce il mio gran duolo;
     22vedrei qual giá fermarsi a udirmi ’l vento,
e quetar le procelle, e i boschi e i sassi
moversi a la pietá del mio tormento.
     25Ma per troppo gridar afflitti e lassi
sono i miei spirti, onde giá i pesci e Tonde
le mie miserie a meco pianger trassi.