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i - terze rime 301

     28Ben mi fec’io solecchio de la mano,
ma contra si possente e fermo oggetto
ogni riparo mio fu frale e vano:
     31pur rimasi ferita in mezzo ’I petto,
sí che, perduto poscia ogni altro schermo,
arder del vostro amor fu ’l cor costretto:
     34e con l’animo in ciò costante e fermo
vi seguitai; ma mover non potea
il piede stretto d’assai nodi e infermo.
     37Tanta a me intorno guardia si facea,
che d’assai men dal cielo a Danae Giove
in pioggia d’oro in grembo non cadea.
     40Ma l’ali, che ’l pensier dispiega e move,
chi troncar mi poteo, se mi fu chiuso
al mio arbitrio l’andar co’ piedi altrove?
     43Pronto lo spirto a voi venia per uso,
né tardava il suo volo, per trovarsi
del grave pianto mio bagnato e infuso.
     46E bench’al mio bisogno aiuti scarsi
fosser questi, vivendo mi mantenni,
come in necessitá spesso suol farsi;
     49e cosí sobria in mia fame divenni,
ch’assai men, che d’odor, nel mio digiuno
sol di memoria il cor pascer convenni.
     52Cosi, senza trovar conforto alcuno,
la soverchia d’Amor pena soffersi,
in stato miserabile importuno:
     55nel qual, ciò che i tormenti miei diversi
far non poter, col tempo i miei pensieri
vari da quel ch’esser solean poi férsi.
     58Voi ve n’andaste a popoli stranieri,
ed io rimasi in preda di quel foco,
che senza voi miei di fea tristi e neri;
     61ma, procedendo l’ore, a poco a poco
del bisogno convenni far virtute,
e dar ad altre cure entro a me loco.