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i - terze rime | 299 |
XVIII
Della signora Veronica Franca
Prega un amico cortese di correggerle i versi d’un’epistola da lei scritta per far la pace con l’amante.
Molto illustre signor, quel che iersera
ne recai mio capitolo a mostrarvi,
scritto di mia invenzion non era;
4ma non per tanto di ringraziarvi
non cesso, ch’avvertita voi m’abbiate
che, ch’io noi mandi a quell’amico, parvi;
7e vi so grado che mi consigliate
di quello c’ho da far, quando a voi vengo
perché i miei versi voi mi correggiate.
10Grand’obligazione al cielo tengo
ch’un vostro pari in protezzion m’abbia,
e piú da voi di quel ch’io merto ottengo.
13La gelosia, che dentro ’l cor m’arrabbia,
mi fece scriver quello ch’io non dissi;
ma fu del mio signor martello e rabbia.
16Egli pria mi narrò quello ch’io scrissi,
e molte cose mi soggiunse appresso,
perché di lui ’n sospetto non venissi.
19Non so quel che sia in fatto, ma confesso
ch’io mi sento morir da passione
di non averlo a ciascun’ora presso:
22e questi versi scritti a tal cagione,
con scusa di mandargli quei saluti
di iersera, inviarli il cor dispone.
25Prego la mercé vostra che m’aiuti
in racconciarli, e in far ch’a me ne venga
il mio amante e lo sdegno in pietá muti:
28gli altri versi di ieri ella si tenga,
ch’io farò poi di lor quel ch’a lei piace;
e, pur ch’umil l’amante mio divenga,
31d’ogni altra avversitá mi darò pace.