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i - terze rime 291

     64Quando armate ed esperte ancor siam noi,
render buon conto a ciascun uom potemo,
ché mani e piedi e core avem qual voi;
     67e, se ben molli e delicate semo,
ancor tal uom, ch’è delicato, è forte;
e tal, ruvido ed aspro, è d’ardir scemo.
     70Di ciò non se ne son le donne accorte;
che, se si risolvessero di farlo,
con voi pugnar porian fino a la morte.
     73E per farvi veder che ’l vero parlo,
tra tante donne incominciar voglio io,
porgendo essempio a lor di seguitarlo.
     76A voi, che contra tutte sète rio,
con qual’armi volete in man mi volgo,
con speme d’atterrarvi e con desio;
     79e le donne a difender tutte tolgo
contra di voi, che di lor sète schivo,
si ch’a ragion io sola non mi dolgo.
     82Certo d’un gran piacer voi sète privo,
a non gustar di noi la gran dolcezza;
ed al mal uso in ciò la colpa ascrivo.
     85Data è dal ciel la feminil bellezza,
perch’ella sia felicitate in terra
di qualunque uom conosce gentilezza.
     88Ma dove ’l mio pensier trascorre ed erra
a ragionar de le cose d’amore,
or ch’io sono in procinto di far guerra?
     91Torno al mio intento, ond’era uscita fuore,
e vi disfido a singoiar battaglia:
cingetevi pur d’armi e di valore.
     94vi mostrerò quanto al vostro prevaglia
il sesso femminil: pigliate quali
volete armi, e di voi stesso vi caglia,
     97ch’io vi risponderò di colpi tali,
il campo a voi lasciando elegger anco,
ch’a questi forse non sentiste eguali.