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290 veronica franco

     28Pur finalmente s’è stagnato il pianto,
e quella piaga acerba s’è saldata,
che da l’un mi passava a l’altro canto.
     31Quasi da pigro sonno or poi svegliata,
dal cansato periglio animo presi,
benché femina a molli opere nata;
     34e in man col ferro a essercitarmi appresi,
tanto ch’aver le donne agil natura,
non men che l’uomo, in armeggiando intesi:
     37perché ’n ciò posto ogni mia industria e cura,
mercé del ciel, mi veggo giunta a tale,
che piú d’offese altrui non ho paura.
     40E, se voi dianzi mi trattaste male.
fu gran vostro diffetto, ed io dal danno
grave n’ho tratto un ben, che molto vale.
     43Cosi nei casi avversi i savi fanno,
che ’l lor utile espresso alfin cavare
da quel, che nuoce da principio, sanno;
     46e cosí ancor le medicine amare
rendon salute; e ’l ferro e ’l foco s’usa
le putrefatte piaghe a ben curare:
     49benché non serve a voi questa per scusa,
che m’offendeste non giá per giovarmi,
e ’l fatto stesso parla e si v’accusa.
     52Ed io, poi che ’l ciel vòlse liberarmi
da si mortai periglio, ho sempre atteso
a l’essercizio nobile de l’armi,
     55si ch’or, animo e forze avendo preso,
di provocarvi a rissa in campo ardisco,
con cor non poco a la vendetta acceso.
     58Non so se voi stimiate lieve risco
entrar con una donna in campo armato;
ma io, benché ingannata, v’avvertisco
     61che ’l mettersi con donne è da l’un lato
biasmo ad uom forte, ma da l’altro è poi
caso d’alta importanza riputato.