Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/293


i - terze rime 287

     169A questa, che da me scusa v’è pòrta,
di non esser venuta a visitarvi,
priva di vita senza la mia scorta,
     172piacciavi, s’ella è buona, d’appigliarvi,
considerando ben voi questa parte,
senz’a quel ch’altri dice riportarvi.
     175E, se le mie ragion confuse e sparte
senz’argomenti e senza stil v’ho addutto,
a dir la veritá non richiede arte.
     178Bench’io non son senza un salvocondutto,
e senza da voi esserne invitata,
per tornar cosí presto a quel ridutto,
     181basta che, quando vi sarò chiamata,
lascerò ogni altra cosa per venirvi;
né questo è poco a donna innamorata.
     184E stimerò che sia vero obedirvi
star pronta a quel che mi comanderete,
non venendo non chiesta ad impedirvi.
     187Se con vostro cugin ne parlerete,
son certa ch’egli mi dará ragione,
e voi medesmo ve n’accorgerete.
     190Gli altri amici son poi buone persone,
e senza costo voglion de l’altrui,
s’altri con loro a traficar si pone.
     193Forse che, quanto tarda a scriver fui,
tanto son lunga in questa mia scrittura,
senza pensar chi la manda ed a cui.
     196Ma io son cosí larga di natura,
tal che tutta ricevo entro a me stessa
la virtú vostra e la viva figura:
     199questa mi siede in mezzo l’alma impressa,
come di mio signor effigie degna,
ch’onorar il cor mio giamai non cessa.
     202Cosi vostra mercé per sua mi tegna,
e per me inchini quella compagnia,
sin ch’a far questo a la presenzia io vegna;