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284 veronica franco

     61Standomi senza lui volea morire:
spesso levai, e ricorsi agli inchiostri,
né confusa sapea che poi mi dire.
     64Ben prego sempre Amor, che gli dimostri
le mie miserie e ’l suo gran fallo espresso,
oltre a tanti da me segni fuor mostri.
     67Certo da un canto e lungamente e spesso
egli m’ha scritto in questa sua partita,
ed ancor piú di quel che m’ha promesso:
     70col suo cortese scrivermi la vita
senza dubbio m’ha reso, ed io’l ringrazio
con un pensier ch’a sperar ben m’invita.
     73Da l’altra parte intento a lo mio strazio,
poiché senza di sé mi lascia, io ’l veggo,
e ch’ei sta senza me si lungo spazio.
     76Le sue lettre mandatemi ognor leggo,
e tenendole innanzi a lor rispondo,
e parte a la mia doglia in ciò proveggo.
     79Alti sospir dal cor m’escon profondo,
nel legger le sue carte, e in far risposte
piene di quel languir, che in petto ascondo.
     82In ciò fur tutte dispensate e poste
l’ore; e del mio signor basciava in loco
le sue grate e dolcissime proposte.
     85Peggio che morta, in suon tremante e fioco
sempre chiamarlo lagrimando assente,
il mio sol rifugio era e ’l mio gioco:
     88e, desiandol meco aver presente,
altrui noiosa, a me stessa molesta,
lassa languia del corpo e de la mente.
     91Come doveva over potea, con questa
oppressa dal martir gravosa spoglia,
venir da voi, meschina, inferma e mesta,
     94a crescer con la mia la vostra doglia
e, in cambio di parlar con buon discorso,
aver di pianger, piú che d’altro, voglia?