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i - terze rime | 277 |
XIV
Risposta d’incerto autore
L’amante sfidato si dichiara vinto senza contrastar con arme, e s’arrende alla bella inimica, al cui dominio offre volentieri il cuore.
Non piú guerra, ma pace: e gli odi, l’ire,
e quanto fu di disparer tra noi,
si venga in amor doppio a convertire.
4La mia causa io rimetto in tutto a voi,
con patto che, per fin de le contese,
amici piú che mai restiamo poi:
7non mi basta che Tarmi sian sospese,
ma, per stabilimento de la pace,
d’ogni parte si lievino Toffese.
10Che nascesse tra noi rissa, mi spiace;
ma se lo sdegno in amor s’augumenta,
che tra noi si sdegnassimo, mi piace:
13e, se pur ragion vuol ch’io mi risenta
e vendicata sia l’ingiuria mia,
de la qual foste ognor ministra intenta,
16voglio con Tarmi de la cortesia
invincibil durar tanto a la pugna,
che conosciuto alfin vincitor sia.
19Né questo da l’amor grande repugna,
anzi con queste e non mai con altre armi
ogni spirto magnanimo s’oppugna.
22O se voleste incontra armata starmi,
se voleste tentar, con forza tale,
se possibil vi sia di superarmi,
25fora ’l mio stato a quel di Giove eguale;
forse troppo è la speranza ardita,
che studia di volar non avendo ale.