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XXXIV
Ad Amore.
Sai tu, perché ti mise in mano, Amore,
gli stral tua madre, ed agli occhi la benda?
Perché quella saetti, impiaghi e fenda
i cor di questo e quel fido amatore;
e con questi non possi veder fuore
de’ colpi tuoi la crudeltá stupenda,
sí che pietoso affatto non ti renda,
o almen non tempri l’empio tuo furore.
Che, se vedessi un dí la piaga mia,
o non saresti dio, ma cruda fèra,
o pietoso o men aspro ti faria.
Non vorrei giá che tu vedessi in cera
i raggi del mio sol; ché ti parria
forse a l’incontro picciola e leggera.
XXXV
Recandosi a soggiornare nei luoghi dov’egli è nato.
Accogliete benigni, o colle, o fiume,
albergo de le Grazie alme e d’Amore,
quella ch’arde del vostro alto signore,
e vive sol de’ raggi del suo lume;
e, se fate ch’amando si consume
men aspramente il mio infiammato core,
pregherò che vi sieno amiche l’ôre,
ogni ninfa silvestre ed ogni nume,
e lascerò scolpita in qualche scorza
la memoria di tanta cortesia,
quando di lasciar voi mi sará forza.
Ma, lassa, io sento che la fiamma mia,
che devrebbe scemar, piú si rinforza,
e piú ch’altrove qui s’ama e disia.