100E col pensier, ond’io vaneggio, or chieggo
d’Amor aita, ed or per altra strada
sempre invano al mio scempio, oimè, proveggo. 103Ma, poi che’l ciel destina, e cosí vada,
che per sicura e dilettosa via,
dove ’l ben trovan gli altri, io péra e cada, 106saziati del mio mal, fortuna ria;
poi, di me quando sarai stanca e sazia,
qual tuo gran pregio e qual acquisto fia? 109E tu, Amor, dentro e fuor mi struggi e strazia,
ché tanto m’è 1 mio affanno di contento,
quant’ei l’orgoglio di madonna sazia. 112Ben ai successi de le cose intento,
di lei m’assale immoderata téma,
che ’n lei vendichi ’l cielo il mio tormento. 115Questo fa in parte la mia gioia scema,
anzi, s’io voglio raccontar il vero,
son sempre oppresso da una doglia estrema: 118ché, se meco madonna usasse impero,
gratissimo il servirla mi saria
con affetto di cor vivo e sincero; 121ma, che invece di spender signoria,
a dilettar la circostante turba
mi strazie sotto acerba tirannia, 124questo m’afflige l’animo, e mi turba.
Né, per le mie querele e i miei lamenti,
l’opera incominciata ella disturba, 127ma, quasi mar nei procellosi venti,
nel mio chieder mercé via piú s’adira,
e cela di pietá gli occhi suoi spenti: 130da me torcendo altrove i lumi gira,
e gran materia è di sua crudeltate
quanto per me si lagrima e sospira. 133O donna, pregio de la nostra etate,
anzi di tutti i secoli, se ’n voi
non guastasse l’orgoglio la beltate.