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i - terze rime 247

     28Se ’l vostro cor del mio dolor si duole,
s’egualmente risponde a’ miei desiri,
oh vostre doti e mie venture sole!
     31Tra quanto Amor le penne aurate giri,
non ha chi, coni’io, dolce arda e sospire,
né tra quanto del sol la vista miri.
     34Dole’è, quant’è piú grave, il mio languire,
se, qual nel vostro dir pietoso appare,
sentite del mio mal pena e martire,
     37Che poi non mi cediate nelPamare,
esser non può, ché la mia fiamma ardente
nel gran regno amoroso non ha pare.
     40Troppo’benigno a’miei desir consente
il del, se dal mio cor la fiamma mossa
vi scalda il ghiaccio della fredda mente.
     43In voi non cerco affetto d’egual possa,
quel ch’a far di duo uno, un di duo viene,
e duo traffigge di una sol percossa.
     46Troppo del viver mio l’ore serene
fórano, e tanto piú il mio ben intero,
quanto piú raro questo amando avviene:
     49quanto Amor men sostien sotto ’l suo impero
che ’n duo cor sia una fiamma egual partita,
tanto piú andrei de la mia sorte altero.
     52Si come troppo è la mia speme ardita,
che si audaci pensieri al cor ni’invia,
per strada dal discorso non seguita,
     55da l’un canto il pensar si com’io sia,
verso ’l vostro valor, di merto poco,
dal soverchio sperar l’alma desvia;
     58da l’altro Amor gentil ch’adegui invoco
la mia tanta con voi disagguaglianza,
e gridando mercé son fatto roco.
     61D’Amor, ch’a nullo amato per usanza
perdona amar, dove un bel petto serra
pensier cortesi, invoco la possanza: