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246 | veronica franco |
IV
D’incerto autore
alla signora Veronica Franca
Rispondendo all’epistola precedente, l’amante, pur dolendosi ch’ella abbia voluto allontanarsi, spera che per la pietá di lui s’induca a tornar presto.
A voi la colpa, a me, donna, s’ascrive
il danno e ’I duol di quelle pene tante,
che ’l mio cor sente e ’l vostro stil descrive.
4L’alto splendor di quelle luci sante
recando altrove, e ’l lor soave ardore,
ai colpi del mio amor foste un diamante.
7Io vi pregai, dagli occhi il pianto fore
sparsi largo, e sospir gravi del petto:
non m’aiutò pietá, non valse amore.
10Valse, via piú che ’l mio, l’altrui rispetto:
e, benché umil mercé v’addi mandai,
pur sol rimasi in solitario tetto.
13D’ir altrove eleggeste, io sol restai,
com’a voi piacque ed a mia dura sorte:
sí che invidia ai piú miseri portai.
16E, s’or avvien che a voi pentita apporte
alcun dolore il mio grave tormento,
in ciò degno è ch’amando io mi conforte.
19Dunque per me del tutto non è spento
quel foco di pietá, ch’ove dimora
fa d’animo gentil chiaro argomento.
22Di voi, cui ’l ciel tanto ama e ’l mondo onora,
di bellezza e virtute unico vanto,
con cui le Grazie fan dolce dimora,
25gran prezzo è ancor, se nel corporeo manto,
dove star con Amor Venere suole,
virtú chiudete in ciel gradita tanto.