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244 veronica franco

     28Le fresche rose, i gigli e le viole
arse ha M vento de’ caldi miei sospiri,
e impallidir pietoso ho visto il sole;
     31nel mover gli occhi in lagrimosi giri
fermársi i fiumi, e’l mar depose l’ire
per la dolce pietá de’ miei martiri.
     34Oh quante volte le mie pene dire
l’aura e le mobil foglie ad ascoltare
si fermár queste e lasciò quella d’ire!
     37R finalmente non m’avien passare
per luogo, ov’io non veggia apertamente
del mio duol fin le pietre lagrimare.
     40Vivo, se si può dir che quel, eli’assente
da l’anima si trova, viver possa;
vivo, ma in vita misera e dolente:
     43e l’ora piango e’l di, ch’io fui rimossa
da la mia patria e dal mio amato bene,
per cui riduco in cenere quest’ossa.
     46Fortunato ’l mio nido, che ritiene
quello, a cui sempre torno col pensiero,
da cui lunge mi vivo in tante pene!
     49Ben prego il picciol dio, bendato arderò,
che m’ha ferito ’l cor, tolto la vita,
mostrargli quanto amandolo ne péro.
     52Oh quanto maledico la partita,
ch’io feci, oimè, da voi, anima mia,
bench’a la mente ognor mi sète unita.
     55ma poi congiunta con la gelosia,
che, da voi lontan, m’arde a poco a poco
con la gelida sua fiamma atra e ria!
     58Le lagrime, ch’io verso, in parte il foco
spengono; e vivo sol de la speranza
di tosto rivedervi al dolce loco.
     61Subito giunta a la bramata stanza,
m’inchinerò con le ginocchia in terra
al mio Apollo in scienzia ed in sembianza;