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i - terze rime | 243 |
III
Della signora Veronica Franca
Lontana dall’amante, soffre e piange, e sospira Venezia. Dove appena sará tornata, a lui che l’attende dará, in amorosa lotta, dolce ristoro delle noie passate.
Questa la tua fedel Franca ti scrive,
dolce, gentil, suo valoroso amante;
la qual, lunge da te, misera vive.
4Non cosí tosto, oimè, volsi le piante
da la donzella d’Adria, ove ’l mio core
abita, ch’io mutai voglia e sembiante:
7perduto de la vita ogni vigore,
pallida e lagrimosa ne l’aspetto,
mi fei grave soggiorno di dolore;
10e, di languir lo spirito costretto,
de lo sparger gravosi afflitti lai,
e del pianger sol trassi alto diletto.
13Oimè, ch’io’l dico e’l dirò sempre mai,
che ’l viver senza voi m’è crudel morte,
e i piaceri mi son tormenti e guai.
16Spesso, chiamando il caro nome forte.
Eco, mossa a pietá del mio lamento,
con voci tronche mi rispose e corte;
19talor fermossi a mezzo corso intento
il sole e ’l cielo, e s’è la terra ancora
piegata al mio si flebile concento;
22da le loro spelunche uscite fuora,
piansero fin le tigri del mio pianto
e del martir. che m’ancide e m’accora;
25e Progne e Filomena il tristo canto
accompagnaron de le mie parole,
facendomi tenor di e notte intanto.