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iii - rime di vinciguerra di collalto 225

VII

Loda Venezia, patria della donna sua.

     Fortunata cittá, beato mare,
ove nacque sí bella e cara donna,
del viver mio colonna,
esempio di virtú, di cortesia,
negli atti, nel sembiante e ne la gonna
di costumi e di grazia singolare,
sola tra l’altre rare
gloria del cielo e de la vita mia:
non offenda voi mai fortuna ria,
né contraria stagion danno v’apporte;
cadi chi v’odia a la miseria in fondo;
natura, Iddio e il mondo
sempre v’acresca in piú gradita sorte,
tal che sian chiari in ogni etá futura
i sacri lidi e l’onorate mura.
     Da te, famoso mar, vento e procelle
vadino in bando, e nel tuo vaso ognora
ninfe faccian dimora,
quant’altre furon mai vaghe e lascive;
splenda oro fino de l’arena fuora,
e d’ogni parte in te versin le stelle
perle candide e belle,
e coralli di fiamme ardenti e vive;
giungano sempre a le felici rive
legni guidati di cortesi amanti,
e varchi lieta il tuo bel regno ignuda
la dea pietosa e cruda
co’ pargoletti Amor dietro e dinanti,
e tu, coperto d’amoroso nembo,
abbi sol latte e molle argento in grembo.
     A te, cittade, ogni mortal impero
con fedeltate e con ardir soggiaccia
dal mar, che sempre agghiaccia,
sin agli etiopi, e dal levar del sole
sin dove in seno l’oceán l’abbraccia;