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204 | appendice |
XIV
Alla gelosia.
Cura, che sempre vigilante e desta,
a persuadermi il mal, di timor m’empi,
e nel dubbioso cor tue voglie adempi,
e fai la vita mia dogliosa e mesta,
tòsco a’ dolci pensieri, atra tempesta,
che perdi le mie speme e i cari tempi,
perché mi struggi con novelli ed empi
sospetti, ed ognor piú mi sei molesta?
O fiero mostro, o peste degli amanti,
qual furia qui dal basso orrido chiostro
ti manda a conturbare i nostri canti?
Vattene omai che il tuo poter m’hai mostro;
onde in fredde paure e in larghi pianti
noterá molti affanni il mesto inchiostro.
XV
Contrari effetti d’amore.
Misero, che agghiacciando avampo ed ardo,
e, per temprar col pianto il foco interno,
gli amari affanni e l’alta doglia eterno,
e con due morti in vita mi ritardo.
Sperando temo, or debile or gagliardo,
e morto i’ vivo in dolce orrido inferno;
e pur mi reggo senza alcun governo,
e caccio tigri a passo infermo e tardo.
A me ribello io sono, altrui fedele;
e duoimi e rido, e, guerreggiando in pace,
faccio gli sensi a la ragione scorte.
Dolce l’assenzio parmi, acerbo il mele;
e mi pasco di quel che mi disface.
Cosí strani accidenti ha la mia sorte!