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202 | appendice |
X
Va lungi da lei col suo tormento amoroso.
Crudel sirena mia, poi ch’è pur vero
che del vostro fedel l’acerba morte
bramate, lasso, e la mia dura sorte
vuol pur ch’io viva, ond’io senza fin pèro,
ecco per aspri monti e per sentiero
sassoso, inculto e per vie rotte e torte
prendo strano camin senz’altrui scorte,
misero, e pur vi lascio il mio pensiero.
Forse averrá che ’n parte, ove il sol preme,
e vicino arde i colli e le campagne,
nel doppio ardor il consumarmi impetre;
o lá, ’ve il ciel piú freddo orrido piagne,
spenga il mio foco e la mia vita insieme,
e m’assimigli a le gelate pietre.
XI
Il cuor suo, ch’è con lei, a lei lo raccomandi.
Felice cor, che vinto dal desio
da me partisti, e, seguitando Amore,
che ti condusse dal mio albergo fore,
nel dolce albergo entrasti, ond’egli uscío;
se ti ricordi che pur fusti mio,
quando, lasso, vivea tempo migliore,
ascolta i prieghi miei, che ’l fero ardore
mi detta e l’aspro affanno acerbo e rio.
Poi che venir non posso ove tu sei,
e, sí come tu prima in me ti stavi,
cosí in te starmi ore tranquille e liete,
di’, raccontando il mio tormento a lei:
— Non piú, donna, per voi dolore aggravi:
il fedel, ch’io reggeva, or voi reggete.