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194 | appendice |
XIV
Di Giorgio Benzone.
Ben è d’alta vaghezza il mondo scarco,
poi che spento Anassilla ha morte rea,
che sol col canto e con le luci fea
a’ giri eterni ed a’ lor lumi incarco.
Spegni, Amor, la tua face, e rompi l’arco,
perché, chiusi quegli occhi onde s’ardea,
sparita una sí vera immortal dea,
ch’i cori n’impiagava a stretto varco,
pòi dir che sei rimaso solo e inerme,
sole e inermi le suore al puro argento
di Castalia, or ch’è svelto il lor bel germe.
Chi vedrá piú bellezza, o udrá concento
dolce od alma? Ahi terrene cose inferme,
non sí, qual voi, fugace è l’aura e ’l vento.
XV
D’autore incerto.
Stampa gentil, ch’innanzi tempo sciolta
da crudel morte, in pianto ed in dolori
lasci le muse, le Grazie e gli Amori,
col tuo bel corpo ogni beltá sepolta,
di chiari spirti larga schiera e folta
mira dal cielo star con tristi cori
lá ove splender solean tuoi santi ardori,
e cosí spenti a riguardarli volta.
Deh, come li rendei spogliati e cassi
d’ogni vil opra e d’ogni basso affetto,
nella strada d’onor stampando i passi,
cosí da quell’eterno, almo ricetto,
se tanto son per te dogliosi e lassi,
lor mostra ancora il buon sentier perfetto.