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188 | appendice |
II
Di Carlo Zancaruolo.
Donna, ne’ cui bell’occhi alberga e regna
Amor, che a ben oprar sempre m’invita,
da me tenendo ogni viltá sbandita,
sí come ei propio a’ suoi seguaci insegna,
s’il vostro alto valor forse non sdegna
tener soggetto un cor, serva una vita,
fate che la beltá vostra infinita
spesso al suo navigar pietosa vegna.
Potrò poi dir che con mirabil arte
vi fece Dio, quando primieramente
veniste ad abitar sí bassa parte:
dirò del vostro volto almo e lucente,
che del ben di lá su fra noi comparte;
e viva andrete d’una in altra gente.
III
Di Girolamo Parabosco.
Se mira il ciel questa divina Stampa
col guardo onde dar vita a’ morti suole,
sgombra da quel le nubi, e face il sole
vago apparir, quando piú tona e lampa.
Tocca dal piè, d’amor la terra avampa,
e produc’ivi poi rose e viole;
ed ogni pietra, che non può, si dole,
tenera farsi per serbarne stampa.
Natura a le fattezze alte e leggiadre
stupida resta, e sé de’ suoi lavori
invidia, ché non sa com’ possa tanto.
Le stanno intorno i pargoletti Amori,
e dicon sempre lieti, in dolce canto:
— Venere è questa, a noi diletta madre.