Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/186

180 gaspara stampa


CCCIV

Invocazione a Dio.

     Di queste tenebrose e fiere voglie,
ch’io drizzai ad amar cosa mortale,
seguendo il van disio fallace e frale,
che sí rio frutto di sue opre coglie,
     s’avien che la tua grazia non mi spoglie,
poi che per me la mia forza non vale,
temo che l’aversario empio infernale
non riporti di me l’amate spoglie.
     Dolce Signor, che sei venuto in terra,
ed hai presa per me terrena vesta
per combatter e vincer questa guerra,
     dammi lo scudo di tua grazia, e desta
in me virtú, sí ch’io getti per terra
ogni affetto terren, che mi molesta.


CCCV

Sullo stesso argomento.

     Quelle piaghe profonde e l’acqua e ’l sangue,
che nel tuo corpo glorioso io veggio,
Signor, che, sceso dal celeste seggio,
per vita al mondo dar restasti essangue,
     che nel mio cor, che del fallir suo langue,
vogli imprimer omai per grazia chieggio,
sí ch’al fin del viaggio, che far deggio,
non trionfi di me l’inimico angue.
     Scancella queste piaghe d’amor vano,
che m’hanno quasi giá condotta a morte,
pur rimirando un bel sembiante umano.
     Aprimi omai del regno tuo le porte,
e per salir a lui dammi la mano;
perché a ciò far non giovano altre scorte.