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ii - rime varie | 169 |
CCXCVI
A Mirtilla, amica dilettissima.
Non aspettò giamai focoso amante
la disiata e la bramata vista
di quel, per cui versò lagrime tante;
non aspettò giamai anima trista,4
e distinata nel profondo abisso,
la faccia del Signor di gloria mista;
non aspettò giamai servo, ch’affisso7
fosse a dura ed acerba servitute,
a la sua libertá ’l termin prefisso;
non disiò giamai la giovintute10
cara e gioiosa un uom giá carco d’anni,
in cui tutte le forze son perdute;
non disiò giamai d’uscir d’affanni13
un, cui fortuna aversa afflige e preme,
carco e gravato d’infiniti danni;
non aspettò giamai un uom, che teme16
vicin a morte, la sua sanitate,
di cui era giá giunto a l’ore estreme;
non aspettò giamai le luci amate19
di dilettoso caro e dolce figlio
benigna madre e carca di pietate;
non aspettò giamai di gran periglio22
sí disiosa uscir nave, a cui l’onde
e nemica tempesta diêr di piglio;
quant’io le carte tue care e gioconde,25
Mirtilla mia, Mirtilla, a le cui voglie
ogni mia voglia, ogni disir risponde;
Mirtilla mia, con la qual mi si toglie28
ogni mia gioia ed ogni mio diletto,
restando preda di perpetue doglie;