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CCLXVII
Augurale, ai poeti di Venezia.
— Grazie, che fate il ciel fresco e sereno,
quando v’aggrada, e tu, che l’innamori,
sacratissima madre degli Amori,
al cui bel raggio ogn’altra ombra vien meno,
spargete con cortese e largo seno
nembo odorato di grazie e di fiori
sopra questi chiarissimi pastori,
che me di gioia et Adria han d’onor pieno;
sí che non turbi il lor felice stato
fortuna avversa o torbida procella,
e sia sempre, come or, dolce e beato. —
Tal pregando Anassilla, pastorella
d’ardente zelo e ’l cor caldo e ’nfiammato,
le Grazie udirla e la piú chiara stella.
CCLXVIII
Ai poeti amici.
A voi sian Febo e le sorelle amiche,
schiera gentil, che col vivace ingegno,
con l’arte e con lo stil giungete a segno,
ove non giunser le memorie antiche.
Voi le piú gravi cure e le nimiche
voglie acquetate, voi l’ira e lo sdegno;
voi sète dolce altrui triegua e ritegno
ne le lunghe, penose, aspre fatiche.
Io de la interna mia cura e vivace,
fin ch’è durato il vostro dolce dire,
ho, la vostra mercé, trovato pace.
Cosí piaccia ad Amor di stabilire
questa mia breve gioia; e chi mi sface
tenga mai sempre queto il mio disire.