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i - rime d'amore | 9 |
VIII
Amore, che l’ha sollevata a lui, ispira i suoi versi.
Se, cosí come sono abietta e vile
donna, posso portar si alto foco,
perché non debbo aver almeno un poco
di ritraggerlo al mondo e vena e stile?
S’Amor con novo, insolito focile,
ov’io non potea gir, m’alzò a tal loco,
perché non può non con usato gioco
far la pena e la penna in me simile?
E, se non può per forza di natura,
puollo almen per miracolo, che spesso
vince, trapassa e rompe ogni misura.
Come ciò sia non posso dir espresso;
io provo ben che per mia gran ventura
mi sento il cor di novo stile impresso.
IX
Ella un dí sará libera; egli, tardi, pentito.
S’avien ch’un giorno Amor a me mi renda,
e mi ritolga a questo empio signore;
di che paventa, e non vorrebbe, il core,
tal gioia del penar suo par che prenda;
voi chiamerete invan la mia stupenda
fede, e l’immenso e smisurato amore,
di vostra crudeltá, di vostro errore
tardi pentito, ove non è chi intenda.
Ed io, cantando la mia libertade,
da cosí duri lacci e crudi sciolta,
passerò lieta a la futura etade.
E, se giusto pregar in ciel s’ascolta,
vedrò forse anco in man di crudeltade
la vita vostra a mia vendetta involta.