Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
i - rime d'amore | 117 |
CCXVII
Prega il suo nuovo amante, che voglia riamarla.
A che bramar, signor, che venga manco
quel che avete di me disire e speme,
s’Amor, poi che per lui si spera e teme,
i piú giusti di lor non vide unquanco?
Che vuol dir ch’ogni dí divien piú franco
quel che di voi desir m’ingombra e preme?
La speme no, che par ch’ognor si sceme,
vostra mercede, ond’io mi snervo e ’mbianco.
— Ama chi t’odia — grida da lontano, —
non pur chi t’ama, — il Signor, che la via
ci aperse in croce da salire al cielo.
Riverite la sua possente mano,
non cercate, signor, la morte mia,
ché questo è ’l vero et a Dio caro zelo.
CCXVIII
Sullo stesso argomento.
Dove volete voi ed in qual parte
voltar speme e disio che piú convegna,
se volete, signor, far cosa degna
di quell’amor, ch’io vo spiegando in carte?
Forse a Dio? Giá da Dio non si diparte
chi d’Amor segue la felice insegna:
Ei di sua bocca propria pur c’insegna
ad amar lui e ’l prossimo in disparte.
Or, se devete amar, non è via meglio
amar me, che v’adoro e che ho fatto
del vostro vago viso tempio e speglio?
Dunque amate, e servate, amando, il patto
c’ha fatto Cristo; ed amando io vi sveglio
che amiate cor, che ad amar voi sia atto.