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CCXI
Amore non le dá tregua.
Qual sagittario, che sia sempre avezzo
trarre ad un segno, e mai colpo non falla,
o da propria vaghezza tratto o dalla
spene c’ha da ritrarne onore e prezzo,
Amor, che nel mio mal mai non è sezzo,
torna a ferirmi il cor, né mai si stalla,
e la piaga or risalda apre e rifalla;
né mi val s’io ’l temo o s’io lo sprezzo.
Tanto di me ferir diletto prende,
e tal n’attende e merca onor, ch’omai,
per quel ch’io provo, ad altro non intende.
Il vivo foco, ond’io arsi e cantai
molti anni, a pena è spento, che raccende
d’un altro il cor, che tregua non ha mai.
CCXII
Non sa se debba darsi al nuovo amore.
Che farai, alma? ove volgerai il piede?
qual sentier prenderai, che piú ti vaglia?
Tornerai a seguir Amor, che smaglia
ogni lorica, quando irato fiede?
o, stanca e sazia de le tante prede
fatte di te ne l’aspra sua battaglia,
t’armerai sí che, perch’ei pur t’assaglia,
non ti vincerá piú qual suole e crede?
Il ritrarsi è sicuro, e ’l contrastare
è glorioso; e l’ésca, che ci mostra,
è tal, che può nocendo anco giovare.
Non perde e non vince anco uom che non giostra:
in queste imprese perigliose e rare
si potria far maggior la gloria nostra.