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I
RIME D’AMORE
I
A chi legge.
Dalle sue meste rime spera gloria, non che perdono.
Voi, ch’ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l’altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de’ miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sí sublime.
E spero ancor che debba dir qualcuna:
— Felicissima lei, da che sostenne
per sí chiara cagion danno si chiaro!
Deh, perché tant’amor, tanta fortuna
per sí nobil signor a me non venne,
ch’anch’io n’andrei con tanta donna a paro?