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i - rime d'amore | 103 |
CLXXXIX
«Latet anguis in herba».
Lassa, in questo fiorito e verde prato
de le delizie mie, fra sí fresca erba,
onde, la tua mercé, vo sí superba,
Amor, poi che ’l mio sol m’hai ritornato,
per quel ch’a certi segni m’è mostrato,
un empio e venenoso aspe si serba,
per far la vita mia di dolce acerba
e avelenarmi il mio felice stato.
Il che se de’ seguir, prego che priva
mi faccia morte e di vita e di senso,
prima che questa téma giunga a riva;
perch’a dover provar dolor sí immenso,
assai meglio è morir che restar viva,
se le provate mie doglie compenso.
CXC
Si prepara al doloroso distacco.
Acconciatevi, spirti stanchi e frali,
a sostener la perigliosa guerra
e ’l colpo, che fortuna empia disserra,
da noi partendo i lumi miei fatali.
Quanti avete fin qui tormenti e quali
sofferti, poi che crudo Amor n’atterra,
son sogni ed ombre, a lato a quei che serra
questa seconda assenzia strazi e mali.
Perché contra il dolor mi fece ardita
un poco di virtú, che aveva allora
che fece il mio signor l’altra partita;
or, essendo mancata quella ancora,
ed essendo cresciuta la ferita,
altro schermo non ho, se non ch’io mora.