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sola: necessaria invece, o piuttosto coatta, si dice quella cosa, che è determinata da altro all’esistere ed all’operare in un certo e determinato modo.

Con questa definizione Spinoza trasporta semplicemente nel campo dell’operare la distinzione dell’in se esse ed in alio esse. Ciò che è in sè è mosso nell’agire solo dalla necessità della sua natura autonoma; quindi il suo agire è necessario nel senso che esclude la necessità di agire altrimenti da quanto la sua natura esige: ma questa necessità, nell’essere perfetto, non è una limi­tazione, non è un’imperfezione. Quando si dice che l’es­sere perfetto esclude ogni imperfezione, non si dice con questo che all’essere perfetto manchi l’imperfezione: la negazione d’una negazione non è una negazione. Così quando si dice che l’essere perfetto agisce necessaria­mente secondo la sua perfetta natura, non si dice con questo che il non poter agire come un essere limitato od imperfetto sia una necessità che lo diminuisce o lo costringe: che anzi questa necessità, che è identica con la sua natura perfetta, è ciò che lo pone al disopra di ogni possibile coazione. Invece ciò che è in alio agisce secondo la necessità ricevuta da altro e perciò non può comprendere perfettamente se stesso nè come essente, nè come agente; perchè ciò che è in altro, deve anche esser pensato, compreso per mezzo di altro (def. 5): la necessità, secondo cui agisce, è una necessità este­riore, non sua, una coazione.

Def. 8. Per eternità intendo la stessa esistenza, in quanto si concepisce come discendente necessariamente dalla sola definizione della cosa eterna.

Alla distinzione dell’in se esse e dell’in alio esse, della libertà e della necessità coatta Spinoza fa seguire la parallela distinzione dell’eternità e del tempo: lad­dove le cose finite fluiscono nel tempo, l’essere uno e perfetto, la sostanza, è perennemente quello che è, perchè l’esistere suo è fondato nella sua natura immutabile. L’esistere delle cose finite è un durare, anche