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all’uomo dell’uomo: niente, io dico, possono gli uomini desiderare di più eccellente per la conservazione dell’essere proprio se non che tutti convengano fra loro in tutte le cose, sì che le anime ed i corpi compongano quasi un’anima ed un corpo solo e tutti insieme, cercando di conservare l’essere proprio, cerchino nello stesso tempo l’utile comune di tutti: onde segue che gli uomini governati dalla ragione, cioè gli uomini che cercano secondo ragione l’utile proprio, non desiderano per sè nulla che non desiderino anche gli altri uomini e così siano uomini giusti, fedeli, onesti. (Et., IV, 18, scol.).
Il bene supremo degli uomini che vivono secondo ragione è l’unità stessa dell’essere loro nella ragione, è la loro comune e perfetta essenza, Dio. Gli uomini che vivono secondo ragione non possono quindi non essere uniti nella loro volontà. E siccome lo sforzo comune giova qui allo sforzo di ogni singolo, ogni singolo sarà naturalmente interessato a convertire alla causa del bene anche gli altri uomini: qui desiderare il bene proprio è desiderare l’altrui, desiderare l’altrui è desiderare il proprio.
Prop. 36. Il sommo bene di quelli che seguono la virtù è comune a tutti e tutti possono goderne egualmente.
Prop. 37. Ciascuno di quelli che seguono la virtù desidera anche per gli altri uomini il bene che egli persegue e ciò tanto più quanto maggiore è la conoscenza che egli ha di Dio.
Ben altra perciò è verso gli uomini la condotta di chi segue la ragione e quella dell’ambizioso.
8—B. Spinoza, L’Etica. |