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la dama della regina 191

di lasciar carta bianca ai due deputati spediti a Buonaparte per trattare dei cambiamenti che egli vuole introdurre nella costituzione della nostra Repubblica... I pochi contrari, i pochi che conservano ancora un’anima veneziana e un senso di dignità si sentirono morire; e il nostro amico, il procuratore Francesco Pesaro, indignato e commosso, con le lagrime agli occhi proruppe in queste parole: «Vedo che per la mia patria la xe finta. Mi non posso sicuramente prestarghe più nessun aiuto. Ogni paese per un galantuomo xe patria. Nei Svizzeri se poi facilmente occuparse...». Così egli uscì dalla conferenza; ed oggi è già partito. Fui a salutarlo, oh! come era irritato e triste!... In vita mia neppure quando morì mio padre non ho provato un così grande affanno. Povero amico, chissà quando lo rivedremo... Ora il doge, spaventato, ingannato, si prepara a dimettersi con tutto il Consiglio..... Cosa sarà di noi?......................».

Aurelio lesse questa parte della lettera agli amici cogliendo un momento in cui il capitano Gori era assente, e tutti convennero di non fargliene motto, fino che era possibile nascondergli la verità. Dopo l’ultima illusione fatta nascere dalla rivolta veronese, il poveretto era caduto in grande prostrazione.