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la dama della regina 181

Le agitazioni bergamasche e di altre popolazioni delle provincie venete di terraferma, contro la prepotenza francese, si ripercotevano, di là dall’Adriatico, in quei fori i petti istriani condannati alla passività. V’ha un dolore che forse li supera tutti: è il dolore di chi si sente intimamente forte, coraggioso, nato per combattere, forse per vincere ed è condannato all’inazione dalla forza cieca delle cose, dalla sua stessa intelligenza che gli ripete: inutile!

Per alcuni di quegli uomini, ardenti di patriottismo, quelle agitazioni dovevano essere il principio di una azione grandiosa destinata a salvare la Repubblica. Altri, più consapevoli della intima decadenza della compagine veneziana, scrollavano il capo peritosi. Tra questi, primo, il conte Aurelio. Tutti avevano in cuore il tremito dell’attesa, che oggi è speranza, domani oscura apprensione. Un grande avvenimento risolutivo pendeva sul loro capo; sentivano la tremenda minaccia, e si ostinavano a sperare che quell’avvenimento si svolgesse secondo i loro desideri. Ettore a sua volta tornava a sperare che la desiderata trasformazione del governo autocrata in un governo liberale e democratico riuscisse con qualche dignità. A questa sua primiera illusione, tanto accarezzata e poscia ripudiata por il disgusto dei mezzi adoprati e delle persone che li