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180 la dama della regina

Partivano appunto gli ufficiali; erano già in sella; mandavano gli ultimi saluti. Ettore riconobbe la voce del Saint-Morlain, e ascoltò anelante, in una tensione spasmodica, se la voce di Bianca rispondesse a quell’ultimo saluto. Il cielo pietoso volle che la dama non si facesse sentire. Un cavallo si mosse, poi due, poi tutti insieme; e il rumore degli zoccoli sulla terra gelata rimbombava nel silenzio della notte.

Ettore seguiva quel rumore come in un sogno, immobile, quasi insensibile alle sferzate del vento che lo investiva da ogni parte.

Cessato che fu il rumor de’ cavalli, egli si riscosse, si mise in moto e andò diritto alla propria casa; dove giunto si buttò sul letto, così vestito com’era, e la grande stanchezza lo sprofondò in un sonno plumbeo.

Appena alzato al mattino, sentendosi oppresso da un grande inesprimibile sconforto, andò a rifugiarsi in campagna sfidando la desolazione del frigido inverno. Vi rimase otto giorni; poi, la nostalgia del suo male lo vinse ancora, e ritornò alla sua catena.

Bianca lo accolse con grande dimostrazione di piacere e fu così dolce negli atti e nelle parole che egli dimenticò ogni rancore e tornò a sperare, o meglio, a sognare.

Nel frattempo anche i fedeli partigiani della Serenissima erano entrati in una fase di speranza.