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2 la dama della regina

tralità. Vano sogno, senile illusione. Nè lealtà nè astuzia potevano salvarla in quel frangente: occorreva la forza: o la forza le era mancata. Già le provincie di «terraferma» potevan dirsi perdute: già il più formidabile capitano pensava di vendere le spoglie della moritura all’avversario più ostinato e che più gli premeva di tacitare.

Erano i primi giorni di giugno del 1796. In un piccolo paese rannicchiato sulla riva orientale dell’Adriatico, dove il rumore dei grandi avvenimenti suscitava di tratto in tratto una paurosa ripercussione, esisteva — in mezzo a circa un migliaio d’idioti — una eletta d’uomini intelligenti che a quegli avvenimenti rivolgevano continuamente il pensiero e ne formavano il tema inesauribile di ragionamenti, di discussioni, di contrasti. Questa minima parte della popolazione, quest’«alta società» in miniatura si riuniva quasi tutti i giorni in casa della contessa Anna Maria Castellani, la più grande e la più ricca tra le cinque o sei case signorili del borgo, battezzato superbamente col nome di città. La casa Castellani era pure quella che più sporgeva nel mare essendo fabbricata sull’estremo lembo di quella spiaggia.

Donna Anna Maria era vedova e aveva un unico figlio, il conte Aurelio, console della Re-